Condivido con piacere le Riflessioni sull'intersezionalità di Andrea Grasselli.
Essere
intersezionalisti significa combattere più lotte insieme (ambientalismo,
antispecismo, salute, razzismo omofobia), allo stesso livello.
Ora:
una delle caratteristiche dell'antispecismo è di mettere gli animali al primo
posto, di focalizzarsi sugli animali. Questo non vuole dire che le altre forme
di lotta non meritino considerazione, ma noi mettiamo gli animali al primo
posto.
Ci
sono migliaia di enti e di associazioni che si occupano delle altre forme di
oppressione; esse fanno un lavoro importantissimo. Ma se ci mettiamo anche noi
a voler lottare per tutte le discriminazioni, il messaggio antispecista viene
annacquato e gli animali (che sono gli ultimi degli ultimi su questa terra) vengono
dimenticati ancora di più.
Il
problema è che è impossibile essere tutti d'accordo su tutto. Se escludiamo
dalla lotta allo specismo tutte le persone con le quali siamo in disaccordo su
un qualche punto, rimaniamo da soli (e probabilmente a litigare con noi stessi
perché anche noi riusciamo a contraddirci da soli e a non essere sempre chiari
sulle nostre posizioni).
L'intersezionalità,
sotto le spoglie di una bella cosa, nella realtà della natura umana è la morte
dell'antispecismo. Una prova? Quello che è successo con AV Italia: volendo
mettere altre forme di lotta (giustissime) sullo stesso piano
dell'antispecismo, ha spaccato AV in due (o forse anche in tre o in quattro).
Questo perché è successo? Perché di nuovo si sono messe le dispute tra umani davanti
alla lotta allo specismo.
È
giusto e doveroso essere attenti a tutti i tipi di ingiustizie, ma se non c'è
qualcuno che mette veramente le vittime del più grande sterminio della storia
al primo posto, peggio di tutti gli olocausti, chi lo fa?
Non
c'è nulla di male nell'intersezionalità in sé, anzi è una cosa nobile. Ma nella
realtà in cui ci troviamo, di fronte a tutti i limiti e a tutti i conflitti
della nostra società, inevitabilmente ci incartiamo, diventa impossibile
mettere dei paletti condivisibili da tutt*.
Come
dice bene Gary Yourofsky, la violenza contro gli animali non umani è l'origine
di tutte le violenze. Quindi se si riesce a superare la violenza maggiore, si
creano le basi per superare anche le altre violenze.
Un
antispecista intersezionalista dovrebbe partecipare (per esempio) ad una marcia
LGBT composta unicamente da vegani. Se partecipa ad una marcia LGBT dove sono
presenti anche non vegani, automaticamente si trova a fianco di coloro che
sostengono lo sfruttamento degli animali non umani, che è la più grande forma
di oppressione della storia, il più grande sterminio della storia.
Prima domanda:
Se
un antispecista intersezionalista partecipa ad una marcia per la liberazione
animale non vuole accanto persone che non siano attive anche contro altre forme
di discriminazione.
Poi
la stessa persona partecipa ad una marcia per i diritti delle donne o per i
diritti LGBT e si trova circondato da 90 - 98% di mangiacadaveri e secrezioni
animali. È quindi circondato da persone che discriminano gli animali non umani,
gli ultimi degli ultimi di questa terra. Però in questa seconda situazione,
l'antispecista intersezionalista sta marciando insieme ai più grandi oppressori
della terra, non si schifa a marciare accanto a chi perpetra il più grande crimine
mai visto su questa terra. Perché?
Una
possibile risposta è che l'intersezionalista marcia accanto ai mangiacadaveri e
secrezioni durante una marcia per i diritti LGBT perché è consapevole del
potenziale delle persone di essere sensibilizzate anche sulla liberazione
animale.
Seconda domanda:
L'intersezionalista
crede quindi che le persone che mangiano cadaveri e secrezioni possano essere
sensibilizzate sulla questione della liberazione animale e che quindi possano
cambiare visione e abitudini di vita, poi lo stesso intersezionalista ritiene
impossibile sensibilizzare gli omofobi sui diritti LGBT, quindi vuole escludere
gli omofobi da una marcia per la liberazione animale. Perché?
Oltretutto,
il passaggio da onnivoro a vegano comporta dei cambiamenti reali nella propria
vita, mentre un cambiamento di visione sui temi LGBT non comporta nessun
adeguamento del proprio stile di vita, quindi è potenzialmente molto più
facile.
Terza domanda:
Capisco
che non si vuole essere accanto ad un omofono in un cubo, neanche a me farebbe
piacere. Però con un cattolico come ci si dovrebbe comportare? In Italia ce ne
sono tanti, quindi è probabile che l'internazionalista si trovi accanto ad un
cattolico in un cubo. E la religione cattolica è specista, omofoba, sessista,
antiaborto, impedisce la funzione di prete alle donne. Questo non crea
problemi? E invece il cattolico come ti comporta se ha accanto a te un ateo nel
cubo? Un ateo è colui che nega l'esistenza di dio, quindi offende uno dei
capisaldi della visione cattolica del mondo. Come ci si comporta in questo
caso?
Quarta domanda:
È
chiaro che non se ne esce? Con un po' di lucidità, ci si rende conto di come
l'intersezionalità sia una grande trappola nel mondo in cui viviamo. Forse non
lo sarebbe in un mondo teorico-ideale, ma nel mondo teorico-ideale non
sarebbero probabilmente neanche necessarie le lotte contro le discriminazioni,
perché probabilmente non esisterebbero.
E
siamo sinceri: quante sono le probabilità di incontrare un omofobo ad un cubo?
1%? Si tenta di demolire un'organizzazione molto efficace nel cercare di far
finire il più grande sterminio della storia a causa di un fenomeno marginale? E
le vittime dello sterminio dove restano di fronte a tutte queste elucubrazioni
teoriche?
Termino
citando due attivisti AV:
«L'intersezionalità
è una cosa nobile, ma per sostenere tutti si rischia di non aiutare nessuno.»
«Mentre
si disquisisce di termini e parole, milioni di animali continuano ad essere
sfruttati ed uccisi ovunque. Lo chiederei a loro se interessa che ci si
definisca intersezionalisti o meno.»
Andrea Grasselli
27.2.2020